Referendum No-Triv

Riassunto delle posizioni contrarie alle trivellazioni

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  1. Hariri
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    Come avrete recentemente appreso dai media, è atteso per la fine della primavera (a meno di ritardi per permettere l'inclusione di tre questiti, non solo uno) un referendum sulle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi sul territorio italiano. Il referendum è promosso da dieci Regioni e dal Coordinamento No-Triv (questo il suo sito internet e questa la sua paina Facebook), creato nell'estate 2012 per fare informazione riguardo la ricerca e l'estrazione di idrocarburi su terra ed in mare e contrastare le scelte fatte dagli amministratori a favore di queste attività.

    Sulla pagina di Facebook del Coordinamento sono spiegati i sei quesiti referendari proposti e vi sono molti aggiornamenti in merito all'evoluzione della vicenda, a patire dalla proposta dei sei quesiti alla Corte di Cassazione a settembre 2015. Parimenti i siti internet di numerosi quotidiani si sono occupati della vicenda. In questa discussione raccolgo i motivi dei diversi oppositori alle trivellazioni che ho letto in rete da fonti differenti per darne una panoramica. Fermo restando che qualora il referendum avesse l'esito sperato dai suoi promotori non vieterebbe in futuro qualsiasi attività petrolifera sul territorio italiano, se le ragioni degli oppositori delle trivellazioni prevalessero tale tipo di attività sarebbe chiaramente limitata.

    Prima però evidenzio un fatto rilevante.
    Le riforme costituzionali del ministro Boschi, approvate dal parlamento ed in attesa di approvazione popolare tramite referendum (che si terrà probabilmente in autunno) se approvate definitivamente, tramite alcune delle varie modifiche alla Costituzione Italiana faranno sì che le decisioni in materia energetica siano prese solo dallo Stato escludendo le Regioni. Quindi in tale circostanza se il Governo decidesse di rilasciare concessioni per la ricerca di idrocarburi in un territorio, qualora i cittadini non fossero d'accordo per uno dei numerosi motivi che sono sotto elencati, la Regione interessata non avrebbe alcun potere di opposizione al Governo né potrebbe partecipare alla pianificazione degli interventi. I fatti degli ultimi anni mostrano che i Governi succedutisi hanno dato maggiore importanza all'estrazione di idrocarburi dal sottosuolo che ad attività economiche di carattere naturalistico, agricolo e turistico anche nelle numerose zone del paese in cui queste possono essere fortemente sviluppate. Pertanto non è affatto improbabile che in futuro le comunità locali siano costrette a vedere il loro territorio utilizzato in una maniera che non vorrebbero senza potersi opporre né limitare la cosa. A meno che prima dell'entrata in vigore della riforma costituzionale non siano stabiliti dei limiti a tali attività, nel rispetto delle intenzioni delle popolazioni locali, oppure non siano creati degli strumenti che permettano alle Regioni di intervenire in materia. Per rispondere a questa esigenza nasce il referendum sulle trivellazioni perché se il popolo italiano si esprimesse inserendo dei vincoli il Governo dovrebbe poi rispettarli, inoltre questi sarebbero ineliminabili e perpetui, mentre una regolazione delle trivellazioni basata solo su norme emanate dal Parlamento potrebbe sempre essere modificata dal Governo, previa approvazione parlamentare.

    Veniamo ora ai suddetti motivi avanzati da differenti oppositori alle estrazioni petrolifere.

    Le attività di ricerca di idrocarburi in mare hanno un impatto rilevante sulla fauna causandone in alcuni casi la morte, questo a danno della pesca e della ricchezza di biodiversità. Le attività di estrazione di idrocarburi in mare disperdono inevitabilmente parte del petrolio o metano in acqua, inquinando e contribuendo alla moria di esemplari della fauna marina, di nuovo a danno di pesca e ricchezza della biodiversità. Va ricordato che un ambiente in cui la biodiversità è minore è più fragile e più facilmente si degraderà ulteriormente in presenza di altri fattori di disturbo, come i mutamenti climtici, con il risultato di una minor pescosità del mare e quindi un danno economico per i cittadini che operano in quel settore, un aumento dei prezzi del pesce per i consumatori ed anche probabili ulteriori conseguenze ambientali, dato che la natura è un sistema molto complesso e la modifica di una sua parte causa alterazioni anche di altre parti. Chiaramente discorsi analoghi valgono per le estrazioni di idrocarburi sulla terraferma.

    Gli idrocarburi estratti non saranno di proprietà del nostro paese e quindi destinati al mercato interno (cosa che avrebbe permesso di pagare di meno i prodotti trsformati a partire da essi come i carburanti), bensì saranno venduti nel mercato europeo al miglior offerente, quindi se vorremo aggiudicarceli è probabile che dovremo pagarli meglio di quanto faranno gli altri acquirenti interessati. Inoltre non si tratta nemmeno di idrocarburi di elevata qualità quindi la loro raffinazione per trasformarli in una forma utilizzabile non sarà delle più economiche. Tutto ciò lo afferma un ex dirigente di Eni (fonte). Ricordiamo poi che le concessioni di ricerca rilasciate finora sono per lo più state assegnate ad aziende straniere e non italiane, se fosse avvenuto il contrario ci sarebbe potuto essere un maggior beneficio per l'economia italiana. È noto che tali aziende abbiano pagato solo poche migliaia di euro per ottenere licenze riguardanti migliaia di chilometri quadrati e visti i possibili danni derivanti da tali attività, bilanciati solo da moderati vantaggi (approfonditi più avanti), vedere un costo così basso a carico di tali aziende sembra veramente un favore fatto dal Governo italiano a pochi investitori stranieri a danno di molti cittadini italiani.

    Riguardo tutti i siti in mare entro le dodici miglia dalla costa, escuso quello denominato Ombrina mare, per cui sono state date concessioni ma non si sta ancora cercando od estraendo (quelli in cui si è già iniziato a fare qualcosa ormai non si possono più fermare) il Ministero dello sviluppo economico non stabilito che tali concessioni, in scadenza a fine 2016, una volta scadute saranno terminate, bensì che quando scadranno resteranno in sospeso ed in futuro le si potrà sfruttare nuovamente. Quindi è chiaro anche da questo che il Governo vuole andare fino in fondo con gli idrocarburi perché non ha precluso la possibilità di utilizzarle in futuro, mentre se avesse stabilito che tali concessione non sarebbero più state utilizzabili una volta scadute avrebbe dimostrato di non essere interessato a tali attività. Una fonte per questo tipo di affermazioni è questo articolo del sito dedicato al settore energetico Qualenergia.it. A tutto ciò si aggiunge quanto riportato in questo articolo: mentre alcuni paesi della costa adriatica orientale come il Montenegro, una volta deciso di trivellare in mare, hanno avviato dei tavoli di confronto con le loro comunità locali per regolare le attività estrattive, in Italia il Parlamento ha di recente abolito il Piano delle aree che esso stesso aveva approvato in precedenza e dava la possibilità alle Regioni di intervenire nel processo decisionale delle trivellazioni su terra ed in mare. Alcune Regioni, tra cui il Veneto, si sono rivolte alla Corte Costituzionale sostenendo che il Parlamento non poteva abolire suddetto Piano perché così facendo le ha escluse dal processo decisionale su un tema che le riguarda direttamente.

    Al momento in Italia il settore degli idrocarburi riceve sussidi dallo Stato molto magiori di quelli per le rinnovabili, tuttavia come si può constatare consultando numerose fonti di informazione gli esperti del settore rinnovabili affermano che nel nostro paese si potrebbero creare più posti di lavoro con queste ultime che con il settore degli idrocarburi, ridurre in maniera duratura nel tempo l'importazione di energia (invece le risorse minerarie dell'Italia sono molto limitate quindi dureranno poco), causa del più alto costo dell'energia rispetto a paesi produttori di energia grazie anche alle rinnovabili come la Germania, infine anche ridurre l'inquinamento, perché estraendo e consumando idrocarburi si inquina notevolmente. Senza contare che anche il privato cittadino può investire nel settore rinnovabili installando per anche meno di € 10.000 un impianto fotovoltaico adeguato al consumo della sua abitazione, diversamente solo i possessori di una grande ricchezza possono investire in infrastrutture costose come piattaforme petrolifere. E soprattutto questa caratteristica permette la nascita di tante piccole imprese di installatori di impianti a rinnovabili come fotovoltaico e solare termico che genererebbe una notevole occupazione, considerando anche che tali impianti nel tempo posso richiedere manutenzione e soprattutto l'introduzione di nuove tecnologie nel contesto produttivo porta alla nscita di nuove figure professionali e richeide inevitabilmente ulteriori studi per raggiungere nuovi sviluppi quindi anche il settore della ricerca e dell'istruione vedrebbero una possibilità di sviluppo nel soddisfare le nuove esigenze. Quindi è nell'interesse della maggior parte dei cittadini italiani che non si investano soldi pubblici in ricerca ed estrazione di idrocarburi al posto delle rinnovabili. Non è nell'interesse dei pochi impiegati (pochi rispetto a quelli che ci sarebero se si puntasse forte sulle rinnovabili) del settore idrocarburi e dei politici ed imprenditori che possono fare impresa in quel settore.

    Come molti altri paesi del mondo l'Italia si è impegnata alla conferenza di Parigi a ridurre le emissioni inquinanti in futuro e queste sono causate dall'utilizzo di combustibili fossili quindi per mantenere la parola data il paese deve puntare più sulle rinnovabili che sugli idrocarburi. Ma al momento non lo sta facendo, come riportano i dati pubblicati dalla stessa Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico accessibili liberamente tramite sul suo sito internet.

    Aggiungo un contributo personale al quadro ricordando che tempo fa quando Renzi parlava in televisione ai cittadini dello Sblocca Italia, poco prima che fosse approvato dal Parlamento, disse che si vergognava di andare davanti agli altri capi di Governo o Stato europei senza aver sfruttato tutte le risorse del proprio paese per rimetterlo in piedi e tale decreto ha riavviato le attività riguardanti la ricerca di idrocarburi ma non ha incoraggiato quelle relative alle numerose fonti di energia rinnovabile che si possono utilizzare nel nostro paese, quali fotovoltaico, solare termico ed eolico. Questa è una chiara ed ulteriore conferma del fatto che il Governo Renzi non vuole investire tanto in rinnovabili quanto in idrocarburi. Inoltre siti internet come Qualenergia.it hanno riportato ampiamente che alcune leggi di tale Governo abbiano ostacolato il settore delle energie rinnovabili in Italia, con la conseguenza che nel 2015 le installazioni di impianti di varia taglia ad energie rinnovabili nel nostro paese sono calate rispetto l'anno precedente, in controtendenza rispetto tanti altri paesi, anche europei.
    Voglio anche fare notare come questo articolo del sole 24 ore sia pesantemente sbilanciato a favore dell'estrazione di idrocarburi omettendo di evidenziare aspetti negativi di tali attività quali il fatto che investendo in rinnovabili si potrebbe generare molta più occupazione che continuando ad investire in idrocarburi, che le prime permettono anche una redistribuzione della ricchezza perché anche il privato cittadino può investire con profitto in esse e che al momento il settore idrocarburi assorbe molti più soldi pubblici, sotto forma di sussidi, delle rinnovabili che invece porterebbero maggiori vantaggi in termini di occupazione ed ambiente: Il giornalista omette poi di scrivere che anche il nostro Governo alla COP21 si è impegnato a ridurre le emissoni inquinanti e la prosecuzione, o addirittura intensificazione, delle attività petrolifere ostacola il raggiungimento di tali obiettivi.

    Ricordo infine che le precisazioni fatte da politici come il ministro dello sviluppo economico Federica Guidi ed il presidente del consiglio dei ministri Matteo Renzi che a dicembre 2015 non siano stati rilasciati permessi di estrazione ma solo di ricerca dunque si stanno facendo allarmismi inutili non significa che in futuro non ci saranno trivellazioni. Soprattutto alla luce dei fatti passati per cui concessioni che erano state sospese sono tornate attive dopo alcuni anni, a testimonianza che i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni hano intenzione di realizzare tali attività, non che stanno solo valutando il terreno per poi decidere in futuro.

    Edited by Hariri - 24/1/2016, 10:53
     
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